09 maggio 2010

E' dunque questa una lettera di addio. Ma anche una confessione.




Mio caro Dalath, ti scrivo mentre sto ultimando i preparativi per quel mio viaggio che da tanto dovevo portare avanti.
E' dunque questa una lettera di addio.
Ma anche una confessione.
Una confessione che posso farti solo adesso che so, con certezza, che la distanza materiale di un oceano eviterà a me l'imbarazzo della voce e, a te, quello dello stupore.
E' una fuga la mia.
Ed una rivelazione.
Sto fuggendo da te, Dalath, e dall'intensità di quel sentimento dirompente che sempre più spesso mi pervade alla tua presenza.
Ed al tuo pensiero.
Un desiderio lucido.
Vibrante.
Che non conoscevo prima di averti incontrato.
Nella consapevolezza di una passione univoca.
Inconfessabile.
Mi è capitato d'innamorarmi altre volte, ma non così.
Non con questo vitale, eppur doloroso, impeto.
Ti ho posseduto nei miei sogni.
Tante volte mi sono destata, dopo il tumulto di un delirio, da immaginarlo come davvero avvenuto.
Cercavo allora, ossessiva, tracce di te.
Il tuo sottile profumo.
Uno sguardo nel buio della notte.
Una delle tue magliette, abbandonata su una poltrona.
Ma nulla.
Il giorno, impietosamente, sempre cancellava i tuoi passaggi notturni.
Cosicchè avrei potuto vivere per sempre in una lunga, eterna notte, solo per sognare di sentirti respirare accanto a me.
Mi sono innamorata senza cercare i pretesti dell'amore.
Mi sei naturalmente entrato dentro come un soffio d'aria.
Ti ho inalato nei miei polmoni e così ho iniziato a respirare il tuo stesso ossigeno.
La ricordi la prima sera che siamo usciti?
E' stata quella la volta che ho capito quanto davvero ti desiderassi.
Avevi pantaloni di seta, leggeri come garza.
Il buio e l’alcool, nella controluce, avevano occultato metà del tuo viso in un cono d'ombra e solo i tuoi occhi, color pece, spiccavano vividi.
Profondi e luminosi.
Quanto ho desiderato che quello sguardo si posasse su di me con gli occhi di una qualsiasi forma d’amore.
Un impulso forte, che mi ha fatto male.
Ma che pur mi ha eccitata.
Un brivido, che mai prima avevo provato.
D'allora ho cercato quel color nero come la pece in ogni cosa.
Nel miraggio di un prisma.
Nella tinta di una seta.
Oh Dalath, come ci rende estranei, eppur terribilmente presenti a noi stessi, l'amore.
E più è inibito, impossibile a realizzarsi, più scava profonde radici nel nostro animo.
Diventa pensiero continuato.
Desiderio.
E delirio.
Ti ho talmente tanto agognato che nessuna donna, forse, lo farà mai con la mia stessa intensità.
Spogliare dagli abiti scuri, il tuo corpo di uomo.
Stringerti tra le mie braccia.
Giocare coi tuoi capelli.
Accarezzare la tua pelle tutta, fino al limite di quelle tue caviglie così sottili che ben avrei potuto cingere con braccialetti di bimba.
O con la mia mano stretta a pugno.
Il mio amore mai ti avrebbe ferito.
Nè fatto piangere.
O desiderare un’altra donna.
Ma sono solo io a provare questa passione.
E, di questo, nessuna colpa posso farti.
Nessun rimprovero.
Nessuna amarezza di amante respinta.
Non a tutti è concessa l'attrazione dell’uomo che si ama.
E così mai avrei potuto biasimarti se, alla fine, avresti provato imbarazzo o, peggio ancora, repulsione nei miei confronti.
Sarei potuta partire senza lasciare traccia alcuna di questa mia passione, tenertene all'oscuro e lasciare intatto quello che, nello scorrere del tempo sarebbe diventato sempre più il remoto ricordo di un'amicizia che, solo a causa di troppi sbagli, non è stata consolidata.
Ma no.
Il mio amore per te rifiuta l'entità di ricordo sbiadito.
Una delle tante casuali presenze di passaggio nella tua vita.
Vorrei, però, lasciarti qualcosa di mio.
Di pulsante e di vivo.
Voglio lasciarti il mio cuore.
Non gettarlo via, …., perchè nel coraggio di questo mio amore confessato non c'è nulla di spregevole.
O peccaminoso.
E' il mio cuore nudo, quello che ti lascio.
Non gettarlo via, ti prego, come un orpello disgustoso.
Un oggetto immondo, di cui disfarsi.
Ma serbalo in quel cassetto segreto che anche ogni uomo possiede.
Tra i tuoi ricordi e le tue canzoni.
E le lettere delle tue tante donne.
Io so, nonostante tutto, che sarò tua per sempre.


(libera interpretazione di Frammenti - Ad Evelyne)



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