Perché noi poveri bigotti siamo sempre stati pronti a puntare il dito. O meglio gli altri. Perché io ho voluto “sfanculizzarlo” quel dito puntato, quelle paure che mi hanno inserito nella testa da piccola verso chi è gay o lesbo, quel “non è così, non è giusto”.
09 settembre 2009
Fiaccolata @Milan contro l'omofobia
Perché noi poveri bigotti siamo sempre stati pronti a puntare il dito. O meglio gli altri. Perché io ho voluto “sfanculizzarlo” quel dito puntato, quelle paure che mi hanno inserito nella testa da piccola verso chi è gay o lesbo, quel “non è così, non è giusto”.
07 settembre 2009
La "mia" libertà

Era un periodo così, di quelli che tutti sanno definire come “difficili”. Che poi a dirla tutta non ho mai amato generalizzare. Era un periodo così. Di quelli in cui tutti ti danno fastidio, in cui cerchi comunque un appiglio per tentare di sorridere e che poi trenta secondi dopo, ti accorgi che non ne hai proprio voglia.
Uno di quei periodi in cui la mente viaggiava solo verso una cosa o una persona, in cui non trovavi quello che volevi, a saperlo poi cosa volevi veramente. Uno di quei periodi in cui il vento dei cambiamenti comunque ti sorprendeva e ti ritrovavi a essere involontariamente o no un’altra.
Ho sempre avuto paura del buio. Si, proprio come i bambini… non so cosa ci ho sempre trovato di così terrificante… ma il non sapere, l’incognita di una spiacevole sorpresa ha sempre fatto si che comunque andasse, ci fosse una piccola luce a tratteggiarmi i contorni. Ecco, in quel momento, in quei giorni, il buio invece mi coinvolgeva a tal punto da richiederlo. Spegnevo tutto e appoggiavo la testa chiudendo gli occhi. Era una liberazione… note leggere colmavano la sensazione di svuotamento che si librava leggera nella mia testa, come a cancellare, o meglio a chiudere nei vari cassetti ordinatamente (e non sono ai stata ordinata) tutto ciò che durante il giorno passava attraverso i miei occhi e la mia anima.
Scompartimenti, li chiamano. Respiro, lo chiamavo io. Un respiro forte, di distacco dal dolore, da quell’incomprensibile situazione di malessere noioso che mi aveva coinvolta. Il posizionare in modo irrazionale l’irrazionale, mi faceva sentire quasi a posto con me stessa. Poi certo, c’erano persone a cui era legato un valore diverso… qualcuna più importante, da togliere il fiato se non andava bene e qualcun’altra che aveva preso strade diverse dal mio io.
C’è chi mi ha detto che dovevo crescere, chi non mi riconosceva più perché ero cambiata, chi si è allontanato per uno screzio o chi viceversa, si è avvicinato di più di prima. Non so cosa realmente fosse, sapevo di fare male e bene contemporaneamente, credevo di sapere che percorso seguire e poi mi ritrovavo perennemente a giustificarmi davanti allo specchio per i mie errori. Ma tutto sommato era quello che volevo. Essere così, con i miei sbagli, le mie parole dure, e le mie dolcezze nei confronti di persone forse sbagliate. Sapevo che un giorno, magari, me ne sarei pentita. Ma la cosa più vera… è che non mi importava.
Avevo solo voglia di vivere.
E stavo vivendomi per la prima volta. Sentivo quel vago profumo di libertà e personalità che per anni avevo accantonato, infondo rimanendo sempre “una brava ragazza”. E alla fine questo mi faceva pensare di essere proprio l’opposto. Ma non si dice solitamente che essere cattiva o fuori norma è combinare qualcosa di davvero grave? Era davvero grave provare a viversi? Certo, le domande venivano una dietro l’altra. C’erano giorni in cui provavo a rispondere e giorni in cui il foglio rimaneva completamente bianco, con quel menefreghismo legato a quella falsa invincibilità temporanea..
Amavo rifugiarmi all’aperto, seppur su un semplice e anonimo balcone. Guardai per molte sere quel cielo di fine estate pieno ancora di stelle. Avevo grandi alberi a fianco a me e dal tramonto passavo al buio della notte. Alle tre ero capace di essere ancora li, a respirare aria, a respirare me. A volte in silenzio, a volte con la musica sotto, a volte parlando, con chi, era indifferente. Ricordo ogni singola serata così, mi riempiva l’anima, in ogni angolo, in ogni anfratto.
Mi perdevo talvolta nei pensieri e ripercorrevo voci, attimi trascorsi, sensazioni, emozioni… ridevo e piangevo… ero tasti di un pianoforte suonati da un musicista pieno di amore per la sua donna. Un insieme di note bianche e nere. E mi lasciavo cullare dalle sue dita… completamente in balia di quella musica. Non ricordo quanto durò quel periodo, non so se sono mai ritornata la stessa di prima.
Ho incontrato sulla mia strada persone che mi hanno cambiata, legata, buttata, ma ad ognuna il mio pensiero è ancora legato, perché tutte, infondo, mi hanno regalato quell’attimo di libertà e di introspezione che mi ha permesso di rafforzarmi. E di essere parole in libertà nel raccontare tutto ciò. Non so se il mio grazie gli arriverà mai, ma i loro nomi saranno sempre impressi in quel buio che ora, non mi fa più paura.
31 agosto 2009
Quella notte...

Si trovò distesa a faccia in su. Il buio l'avvolgeva, ma quella luna così piena le dava una sensazione di calore così straordinariamente tranquillizzante. L'erba era umida e il suo corpo iniziava a sentire quell'umidità entrargli dentro lentamente, dritta alle ossa. Non si ricordava che ore fossero, nè tantomeno in che luogo fosse.
29 agosto 2009
Cercami (Renato Zero)
26 agosto 2009
Il sogno della luna

Si forse è vero... la luna si era innamorata del sole ... piano piano senza volerlo aveva fatto danni, era stata ossessiva in quelle notti in cui le stelle le davano sicurezza, quell'ossessività dettata da quello strano sentimento che spazza via spesso la ragione e cede il posto a un'attenzione che diventa troppo "visibile" , nonostante il buio della notte. Non ne aveva mai fatto un segreto però che si cibava dei raggi del suo sole. Che tentava di riscaldarsi sulla loro scia….
Non visse da sola in quel periodo. Il sole la appoggiò, esattamente con la stessa non volontà con cui lei non voleva innamorarsi. Si dissero mille cose alzandosi al mattino e salutandosi prima di andare a dormire mentre si davano il cambio nel cielo, a volte stupide, a volte importanti, spesso importanti. Si raccontarono di loro, tutto ciò che riuscivano e che volevano. Frasi che non potevano essere fraintese. Erano cosi e basta.
Mentre il tramonto li circondava si sprecarono gesti, attenzioni, emozioni semplicemente sfiorate. No, non potevano abbracciarsi il sole e la luna, infondo erano cosi distanti.... Ma il sole scriveva note solo per lei tra i colori brucianti del suo saluto al giorno e la luna li leggeva con lacrime di luce ogni volta che saliva fiera in cielo. Pensava a lui durante la notte, alla bellezza e alla magia di rincontrarlo ogni mattina, anche solo per un secondo...
Il sole guardava la sua linea dolce e morbida durante quella calda estate, li vicina, quando ancora la sua forma non spariva per intero e bianca e trasparente la vedeva e pensava di poterla prendere per mano anche solo per sapere che lei gli era accanto.
Forse non si sfiorarono mai ma si rincorsero per mesi , finchè un giorno strano, la luna ebbe solo il tempo di chiedergli: "perchè sei qui ad aspettarmi, sei qui con me. Cosa posso darti io sole? Tu immensità del giorno, aspettato da tutti, con la tua immensa conoscenza e il grande amore che ti circonda? Io vivo nel buio, mi sento piccola, inadeguata... vivo quando la maggior parte delle persone dorme..."
Il sole si chinò leggermente e con tono sinuoso rispose: "se sono qui con te, un motivo ci sarà" e scomparve davanti a gli occhi umidi della luna che si sentì in qualche modo abbracciata da quelle parole senza un vero senso infondo. Ma una vibrazione li attraversò nel silenzio che subito dopo li circondò... il sole non era li ma era come se lo fosse... complementare a lei. La luna chiuse gli occhi mentre da lassù cercò delle motivazioni, ma poi si disse che tutto sommato, quelle parole le diedero quella forza di non sentirsi inadeguata.
Si perse di nuovo dietro a quel sole, a quel rapporto così grande per lei e costruito giorno dopo giorno, vissuto di attimi, di sguardi, di abitudini ricambiate. Di nessun altro. In cuor suo cercava di trattenersi, sapeva che il sole non avrebbe mai potuto darsi a lei, lei cosi lontana, così mai “completa”, cosi fragile… ma non riuscì a colmare quel sentimento che cresceva insieme al loro viversi così, in quel modo cosi assurdo e cosi immensamente loro.
Gli alberi, gli uccelli, le stelle stavano a guardare e vociferare. Ma cosa importava finchè si sentivano intoccabili? Finchè l’alba e il tramonto erano il loro abbraccio?
Un giorno il sole fu coperto da nuvole grandi e scure. La luna non riuscì a salutarlo, a sfiorare i suoi caldi raggi… si senti persa… lo chiamò con tutta la voce che ebbe in corpo. Ma una pioggia sottile fu l’unica risposta che arrivò.
Dapprima leggera divenne un temporale… al posto dei suoi caldi raggi ci furono fulmini, al posto delle sue parole mai dure, sempre sottovoce, tuoni che spaccavano il cuore… al posto del suo sguardo di luce, il buio… Sperò di non dover andare a dormire, rimase nel cielo nascosta ma lui non venne, non apparve per tutto il giorno, senza dire nulla, senza lasciare note o messaggi. Se ne andò cosi da lei…
Il dolore fu cosi forte che il giorno dopo il sole arrivò ma lei se ne andò prima, sperando di avere ancora una vola un suo sguardo, di risentire quell’alchimia… ma lui non la cercò.
La luna lo guardò da lontano… diventò piccola piccola… aveva mille cose da dire, ma sapeva solo piangere.
Quella notte cercò di nascondersi dietro le stelle, si coprì di un manto scuro e pianse tutte le sue lacrime: stelle cadenti brillare nel cielo se ne videro molte. Tutti pensarono ai loro desideri, ognuno ne aveva almeno uno… erano un dolore forte e persuasivo che si prolungò per giorni… giorni in cui tutto si spense… quelle lacrime brillanti, erano in realtà il sogno che la luna perse…
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Avrei voluto esserci. Ma non l'ho fatto. Eppure sono lì con il cuore e la tristezza da giorni, da quando ho saputo che tua mamma non c...
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