05 luglio 2018

I figli son pezzi 'e core, ma anche no: la stronzaggine impera



Considerazione più seria che non, sui figli. Che ogni volta mi scappa se accade qualcosa.

Nella fattispecie la difesa spasmodica di alcune mamme nei confronti dei loro pargoli, che sono tutto fuorché santi. E nonostante prove schiaccianti, trovino chissà in quale santo modo, una giustificazione concreta alla difesa.

So già che dopo questo post mi scriverà l'intera galassia che si sentirà attaccata in primo luogo, ma rilassatevi: dopo anni che ascolto, vivo, sento e osservo i nostri dodicenni, riguarda tutti e nessuno.

Detto e premesso che se mi tocchi Samuele, chiunque tu sia, sei generalmente un qualsiasi essere morto e defunto a morsi, sono convinta però di una cosa: che ci siano delle situazioni, dei comportamenti e delle regole che vanno rispettate e insegnate.

Ma non a 12 anni, già a 6, se non prima.

Del tipo, pescando a caso tra un milione:

* Le mani addosso non si mettono

* Non si tradiscono gli amici

* Non si va dove tira il vento

* Qualsiasi esclusione e/o decisione presa a cazzo su un singolo è un atto di bullismo, non una stupidata

(dalla rete: E’ possibile distinguere tra bullismo diretto (che comprende attacchi espliciti nei confronti della vittima e può essere di tipo fisico o verbale) e bullismo indiretto (che danneggia la vittima nelle sue relazioni con le altre persone, attraverso atti come l’esclusione dal gruppo dei pari, l’isolamento, la diffusione di pettegolezzi e calunnie sul suo conto, il danneggiamento dei suoi rapporti di amicizia)

* Essere onesti sempre

* Dire le cose in faccia (e qui se manco i genitori lo fanno, te raccomando a cascata)

Probabilmente ce ne dovrebbero essere altri mille, il problema è che non esistono. E soprattutto finché alla gente non viene toccato il proprio bambino, va tutto bene e tutti sono santi.

Ma no, non è così, la realtà, bravi o sbagliati che siamo noi genitori, i ragazzini di oggi sono proprio degli stronzi. Che sanno comportarsi come tali. Viziati, supponenti, gasati.

E la cosa peggiore è come i genitori NON affrontino i problemi.

Resto ben orgogliosa dell'essere così ragazzino di Samuele in modo indifferente fuori e dentro, almeno sai con chi ti relazioni. Odio le doppie facce. Preferisco che sia ancora un bamboccione. Che fa cazzate, ma mai con quella malizia che vive purtroppo in molti suoi coetanei.

Odio i mesi passati accanto alle persone per poi lasciarle all'angolo della strada. (E poi parlano degli animali...).

Ma a casa mia, anche chiedere scusa ha un valore. E dovrebbe averlo tanto di più per i genitori che se ne fottono ampiamente; anzi se li chiami diventi subito barbablù o l'orco cattivo a seconda della favola che hanno intenzione di vivere.

Non si sa più nemmeno chiedere scusa. E quando si chiede, si punta lo stesso il dito contro chi ha sbagliato. Manco avesse ucciso qualcuno.

Si studia tanto il bullismo nelle scuole: direi che ha un ottimo risultato.

Quanto mi piacerebbe dire a tutti quei genitori che i loro angioletti danno delle troie alle ragazze come mangiare bruscolini (che poi anche qui si aprirebbe una voragine sul comportamento del mi piace uno ogni nano secondo e ci sto insieme ma poi no, meglio l'alto e allora me li giro tutti), di come si ammazzano a vicenda sul darsi degli stronzi rompicoglioni (e uso i termini duri apposta ma reali), per poi andarci in giro a braccetto all'occorrenza.

Ma anche di come si debbano frequentare perché lo vogliono i genitori, ma non è così tra loro. Tutto ciò non fa altro che creare un circolo di falsità che Beautiful ci fa una pippa in paese.

Già, dimenticavo: siamo in un paese. Il bene e il peggior male.

Si salva solo chi non è nè carne e nè pesce. Quelli che li metti lì, e lì stanno, quelli che ecco, io non vorrei mai che Samuele appartenesse a questa categoria. NON si può essere amici di tutti, né tanto meno piacere a tutti, perché in realtà vuol dire non piacere a nessuno.

Bisogna fare delle scelte, anche sbagliate. Senza escludere nessuno perché tu (e per tu intendo un qualsiasi nano di 12 anni che dovrebbe essere ancora preso a calci in culo), hai deciso che l'altro non va più bene mentre tu ti sei messo la corona. A scuola, al parco, al cesso, nella vita.

L'amicizia è altro, e quando lo scopriranno saranno spero ancora in tempo per calibrare il loro modo di vivere, in questo mondo che ormai non fa più sconti a nessuno, e ti fa vivere solo come un cane.

Eravamo più puliti noi. E più sinceri. A casa una volta c'era l'ignoranza di non sapere perchè si era poveri, perché si viveva diversamente, perché la strada e l'oratorio era la casa di tutti. Ora in casa l'ignoranza impera senza motivo. Attenzione! Ignoranza nel senso di ignorare. Che è molto peggio.

Ma la ruota gira.

E girerà su chiunque. E chiunque si ritroverà a piangere quando quelli che pensava fossero i suoi amici lo escluderanno, lo prenderanno per il culo, gli fregheranno la ragazza e quant'altro.

Si sbaglia, io sbaglio ogni santo, santissimo giorno con mio figlio: ma sa benissimo che l'amicizia è un VALORE. Lui sbaglia, sbaglia ogni santo, santissimo giorno. E quando ha sbagliato ha saputo rendersene conto e io di certo, non l'ho difeso. Anzi, l'ho massacrato.

Non sono cazzate. Se si massacrano ora a 12 anni, a 16 si sparano. E io con quello che succede nel mondo non ci scherzerei così tanto.

Anzi, se penso a Samuele, a volte vorrei fosse molto più sveglio e molto più stronzo. Ma fortunatamente gli ho insegnato l'educazione e di non massacrare per divertimento le persone. Ne subirà le conseguenze lo so, ma sarò al suo fianco quando il boomerang tornerà dritto tra i denti degli altri.

E rideremo delle lacrime versate, e gli racconterò le mie. Che ci sono ancora adesso, ma che imparerò a gestire. Come?

A 44 anni sto andando dalla psicologa. Dice che devo sapermi mettere davanti agli altri. E salverò anche lui da questo errore.

Preferisco essere così. Preferisco sia così. Avere la fortuna di guardare gli occhi di qualcuno con lo stomaco e il cuore leggeri, è tutto ciò che la vita sa davvero darti. 

Il sorriso dato da questo non ha prezzo.

Quelli che fanno così (mica sono tutti così), invece hanno un prezzo. Ed è una cosa proprio triste.

Noi no, e va bene così.




02 luglio 2018

I corpicini dei bimbi morti in mare: quando la polemica è macro e non ci si sofferma sul micro (cosmo) che ci circonda

Non so quanti status ho letto su quei poveri bambini recuperati morti e di cui ci sono le foto ovunque. E ieri ne ho pure commentato uno. Si, a me hanno fatto stare male. Male a dire poco.
Ma ecco, voi che parlate di corpicini morti, di scarpine allacciate, di vestitini rossi, forse non sapete che non accade solo ai profughi.

Si lo so, sono monotona. Eppure quando io ho dovuto scegliere quale delle tutine mettere al mio bambino da morto, ecco, credo come quelle mamme, di averci messo tutto l'amore del mondo per vestire il mio bambino.

Lorenzo non è morto in mare, ma come loro non ne aveva colpa nemmeno lui. Martina non è morta in mare, ma nemmeno lei ne aveva colpa.
Certo, io ho avuto "la fortuna" di poterlo seppellire. Loro hanno potuto tentare di cambiare vita. La giustizia poi nelle cose, onestamente penso si sia perduta da troppo tempo. 

Lorenzo, Martina e tutti gli altri piccoletti non erano figli di profughi, eppure anche noi genitori abbiamo tentato di fare delle scelte per salvarci e ne abbiamo fatte di impossibili per salvarli.
Cercate di capire: a me di Salvini & co fotte sega. È sempre facile parlare dalla parte dal lato forte. Ma si sa guardare solo il grande e spesso chi ti sta di fianco non sai nemmeno cosa abbia passato.
E ce ne sono tanti di Salvini & co nella vita che tanto hanno partorito e va tutto benissimo. E tornano a casa con la carrozzina da poter usare. E che ti guardano come se fossi un extraterrestre e la parola classica è "poverino".

Non avete idea di quanto il "poverino", sia la parola più infelice e irritante della terra.
Certo che fa male. Certo che non dovrebbe essere cosi.
Ma nemmeno dovrebbero esserci bambini abbandonati, picchiati, abusati, malati.
I bambini non hanno mai colpe. E che siano vestiti di rosso, giallo, verde o blu e siano migranti, italiani o sa dio cosa, restano vittime innocenti.
Ma non impietositevi solo davanti alla tv, magari la vostra vicina di casa ha appena abortito o seppellito il suo di bambino e non ci facciamo nemmeno caso.
Questo fa la differenza. So per certo che quei genitori piangeranno a vita la morte dei loro figli, ma sapranno di averci provato a dargli un mondo migliore.

Ora la polemica che ne è uscita è che le foto siano state photoshoppate: come se non si sapesse che muoiono ogni giorno i migranti in mare, come muoiono i piccoli siriani o qualsiasi altro bambino in ogni parte del mondo, in guerra o meno.

La gente sembra completamente rincoglionita: si preoccupa del macro senza pensare al micro.
C'è questo luogo sotto la sorella di una mia amica che purtoppo non c'è più da tanti anni. Questo è un luogo senza tempo ma pieno di storie se uno sa ascoltare.
Pieno di bambini e bambine.
E non è in mare, sulle coste o altrove. È a Lambrate. E io ogni volta che vado, ci perdo un pezzo di anima e ne esco distrutta (esattamente come a vedere quei bambini).

Sono tutti uguali. 

È il mondo che dovrebbe essere migliore (a partire da noi adulti).


04 giugno 2018

J-Ax & Fedez - La finale. (Ma infondo è solo un nuovo inizio)



San Siro resta sempre San Siro soprattutto quando si tratta di concerti. Per non parlare di quelli estivi.

79.500 presenze sono sicuramente un numero da ricordare. E dopo due figli, di cui uno ha fatto più notizia delle nozze di Henry, ecco che J-Ax & Fedez chiudono il loro sodalizio di due anni, proprio a Milano.

Dove apre il concerto la Dark Polo Gang, i tre romani che sono ormai il fenomeno dei più giovani e che non risultano proprio semplici per noi mamme, tra un figa e una serie di "eh, Oh, eh"e quant'altro di poco capibile tra la parolaccia e il voler a tutti i costi stupire.

Molti gli ospiti: Levante, Malika Ayane, Noemi, Nina Zilli, Grido, Guè Pequeno, Il Cile, Sergio Sylvestre, Stash; tutti amici già sentiti nelle diverse canzoni.

Non finisce ai soliti noti, sul palco anche Cris Brave, da loro fortemente sostenuto: artista di 21 anni diversamente abile. Che canta, sorride, vive ed emoziona. San Siro decolla quando la disabilità prende il posto di una normalità in realtà mai sostenuta nè da J-Ax nè da Fedez. Sempre attenti, sempre troppo "oltre" volutamente.

In conferenza dicono che entrerà da solo e per primo il veterano: J-Ax ( che proprio solo non sarà tra 21 pugili e il video contributo ai due cantanti). E infatti si apre così. Arriva solo dopo Fedez. Le canzoni sono una valanga, la scaletta ormai la si trova ovunque.





Da solisti ad amici, a doppie voci che si intersecano, a chitarra e triangolo come strumenti di guerriglia: quella guerriglia che ci piace tanto, che ha dell'andare contro senza fare male, ma sostenendo le proprie idee.

Il palco è centrale e a 360°, estendendosi anche sui lati. Uno spettacolo. Un'emozione dietro l'altra anche per chi, in realtà, ormai non fa più parte di quell'età da groupie che riempie lo stadio.

Eppure quelle parole toccano anche me, loro due toccano anche me: ci si domanda come possa essere un'amicizia (oltre che un sodalizio), tra due che vivono perennemente in giro tra la folla. Non c'è nemmeno bisogno di risposte: basta osservare come si cercano con gli occhi quei due, anche nelle risposte alla stampa.



Si vogliono bene, si sente, si percepisce nell'aria fresca di una sera di giugno al secondo anello. Ma anche al terzo, lassù dove non c'è più nemmeno un buco libero.

E i braccialetti di Google sono una figata: si illuminano a tempo di musica. La tecnologia quando c'è, è un passo avanti.

Giochi di luci, balli, led, musica, vibrazioni, ospiti, pedana che arriva a 6 metri (con imbragatura), corse, cambi di abito che manco Sanremo gli sta dietro.

Ma bello. Belli loro, bello il concerto: una mega festa che colma Milano e la sua naturale freddezza da città industriale. I fuochi d'artificio sono solo il finale di un finale che non vorremmo vedere.

Per ora il duplice gioco rap resterà in silenzio per il proseguimento delle carriere soliste. Ma si sa, gli amici restano tali, e prima o poi la reunion ci sarà.

E' solo questione di tempo e infondo, anche un po' di questa "musica del cazzo...."




18 aprile 2018

Io ero, sono, sarò: quando il tumore NON ti rende meno donna



Facile finché non ti sfiora. Facile anche non pensarci finché va tutto bene. Eppure il tumore, che a definirlo cancro in effetti fa più male, è molto più brutto, c'è. C'è in troppe, troppissime persone.

E qualcuno ancora se lo porta via, purtroppo. Ancora oggi nel 2018. Quello al seno è per eccellenza il tumore della donna. Si è portato via una mia amica poco tempo fa. E' sempre troppo poco il tempo quando le persone che ami se ne vanno via.

Il mese scorso ho accompagnato mio padre a fare degli esami. Quel tipo di esami rientravano nella parte Cancer Center: giovani, anziani, uomini donne e bambine. Sostanzialmente se non ti viene, sei solo fortunato.

Ho ancora negli occhi, il viso di una ragazza con il turbante in testa (si sprecano i turbanti, li!): era di una bellezza devastante nonostante la terapia e i non capelli. Sono uscita distrutta; è una cosa che mi ha sempre scalato dentro, non riesco a far finta di nulla....

Ancora di più dopo che nel mio istologico la scritta micro-.carcinoma l'ho vinta pure io. E mi è andata bene, certo. Piccolo, incapsulato, da non bombardare di radio. Ma vivo. Preso in tempo.

E ho il seno pieno di noduli. A ogni ecografia e mammografia c'è solo da incrociare le dita per quanto possa servire. Che è un po' come dire una preghiera senza incrociare le dita. A giugno torniamo a rifare tutto. Ogni sei mesi. Sopra e sotto.

Come dire, sarò sempre presente su iniziative come queste che racchiudono due argomenti verso i quali la mia sensibilità iniziare a suonare tipo allarme anticendio: donne e tumori.

Io ero, sono, sarò, è un progetto fotografico, nato da un’idea di Coop Lombardia e realizzato dalla fotogiornalista Silvia Amodio, con lo scopo di attirare l’attenzione sulla diffusione del tumore al seno. La mostra sarà composta da 50 fotografie di grande formato e accompagnata da un catalogo che conterrà tutti gli scatti realizzati, corredati dalle rispettive storie e da una serie di interventi scientifici e istituzionali.

Rimarrà aperta e visitabile, gratuitamente, dal 19 maggio al 19 giugno al Castello Sforzesco di Milano tutti i giorni dalle 7.30 alle 19.30. Io ero, sono, sarò: prima, durante e dopo la malattia. 

Misurarsi con il dolore non è facile, ma è stato proprio attraverso il confronto con le donne che il progetto ha preso forma strada facendo. Chi ha deciso di partecipare al progetto lo ha fatto per celebrare la vita.

 “Ho pensato di utilizzare un velo come filo conduttore, un vezzo tipicamente femminile visto che la parte colpita, il seno, è simbolo di femminilità. Questo tessuto mi ha consentito di “giocare” sul set con le mie modelle e (s)velare non solo le parti del corpo colpite dal male, ma anche le cicatrici profonde e non sempre visibili. Ogni volta dovevo inventare un modello diverso in accordo con i desideri della signora ritratta in quel momento, ciascuna con il proprio percorso e con un diverso rapporto con un corpo ferito.". Così racconta Silvia di questi scatti, che a guardarli non ci puoi che leggere la speranza di un futuro migliore e l'enorme coraggio di mettersi in gioco.

Io onestamente ve la consiglio. Nessuno è indenne. Meglio imparare da queste meravigliose donne.

Per info: http://www.ioerosonosaro.it/

Un intero pomeriggio con musica, performance e l’inaugurazione de La scuola delle Erbe di Ricola. Da non perdere!



Domenica 22 aprile 2018, al MA*GA di Gallarate (VA) si chiude la mostra Kerouac. Beat Painting che presenta 80 tra dipinti e disegni, in gran parte esposti per la prima volta in Italia, capaci di proiettare una luce del tutto inedita sull’attività artistica del padre della Beat Generation.
 
Per festeggiare insieme al pubblico il successo dell’esposizione, il MA*GA organizza un pomeriggio ricco di eventi a ingresso gratuito.
 
Dalle ore 15.00 e per tutto il pomeriggio, Gigi Longo, collaboratore di Radio Popolare di Milano con la trasmissione Prospettive Musicalipropone Diz, Bird and Miles on the road and beyond, una selezione di brani jazz degli anni ‘50 e ’60 che accompagnano le avventure dei protagonisti del capolavoro di Jack Kerouac.
 
Alle ore 16.00, spazio a Un mondo battuto dal vento, una performance a cura del Dipartimento Educativo del Museo, con gli studenti del Liceo Coreutico Musicale Pina Bausch, diretta da Lorenzo Conti con la collaborazione musicale del sound-designer Gianluca Agostini.
Dal digitale all’analogico, dallo smartphone al taccuino, e dal taccuino alla macchina da scrivere, alla ricerca della propria voce e del proprio battito interiore. La prima parte di questo percorso si è svolta nel mese di gennaio con un laboratorio di scrittura che a partire dalla lettura dei taccuini di Kerouac, scritti tra il 1947 e il 1952, ha coinvolto gli studenti di terza e quarta superiore de I Licei del Viale dei Tigli nella redazione di un proprio taccuino dove raccogliere idee, spunti, riflessioni, appunti. Al termine del laboratorio ciascuno studente ha “donato” in forma anonima alcune sue pagine per la costruzione di un’unica grande partitura collettiva.
Gli studenti del Liceo Coreutico Musicale Pina Bausch hanno lavorato alla mise en espace et son dei materiali originali trasformando le parole in partitura gestuale e musicale sotto la supervisione registica di Lorenzo Conti e la collaborazione musicale del sound-designer Gianluca Agostini.
 
Alle ore 17.00, si tiene l’inaugurazione de LA SCUOLA DELLE ERBE. Il giardino delle 13 erbe officinali Ricola al MA*GA e la premiazione dei progetti vincitori in occasione della Giornata Mondiale della Terra.
Il progetto “La scuola delle Erbe. Il giardino delle 13 erbe officinali Ricola al MA*GA”, nato dalla partnership tra Museo MA*GA e Ricola e realizzato in collaborazione con l’Istituto Superiore Falcone di Gallarate, promuove valori ambientali e di formazione centrali per tutti i partner.
I professori coordinatori del progetto sono Stefano Zoerle (progetto architettonico), Tito Olivato (realizzazione), Luisa Re (grafica), Maurizio Cavazzoni (fotografia).
Il sapere distintivo di Ricola sulle caratteristiche e le varietà delle erbe si coniuga con i differenti ambiti formativi dell’I.S. Falcone e trova un suo compimento nella creazione di un particolare giardino botanico all’interno di un luogo che valorizza formazione e cultura.
Gli alunni provenienti dall’indirizzo alberghiero, grafico e fotografico, si sono impegnati su 3 fronti: la progettazione architettonico-paesaggistica del giardino, l’ideazione delle infografiche e la realizzazione della documentazione video e fotografica di tutto il progetto.
Questo piccolo spazio verde rappresenta un virtuoso esempio di sinergia tra una realtà aziendale da sempre attenta ai valori culturali, un Museo pronto ad aprirsi verso l’esterno attraverso una fitta rete di collaborazioni sempre nuove e diverse, e un’istituzione scolastica convinta del valore formativo delle arti contemporanee.
Le caramelle e le tisane Ricola, che nascono dalla tradizionale miscela di 13 erbe balsamiche, formula segreta dal 1940, e i biscotti prodotti dai ragazzi dell’I.S. Falcone addolciranno l’appuntamento.
 
 
Finissage
KEROUAC. BEAT PAINTING
Gallarate, Museo MA*GA (via E. De Magri 1)
Domenica 22 aprile 2018, dalle ore 15.00
 
Ingresso gratuito
 
Mostra
KEROUAC. BEAT PAINTING
Fino al 22 aprile 2018

Informazioni: T. 0331.706011; info@museomaga.itwww.museomaga.it
 
Orari: martedì-venerdì, 9.30|12.30 - 14.30|18.30; sabato e domenica, 11.00|19.00
 
Ingressi: €7,00 intero; €5,00.
 
Catalogo: Skira


04 aprile 2018

Bentornato, Meizu! M6 e M6Note, grazie anche a Beautification, sono l'ideale per noi donne super smart.




Che io ormai abbia delle preferenze in ambito tecnologico è ormai chiaro a tutti. E fin da quando ho conosciuto questo brand ne ho sempre sposato l'immagine e la produttività.

Non rientra nei top di gamma, ma per quanto mi riguarda ha un rapporto qualità/prezzo decisamente superiore a molti altri. E Meizu è tornato, con ben due prodotti sul mercato.



Il Meizu M6 che si propone come un prodotto perfetto per chi è in cerca di solidità e affidabilità…ma che non rinuncia allo stile. Il corpo con rifiniture in metallo fatte a mano e rivestito dalla vernice brillante metallescente dona un look moderno e sofisticato, dall’appeal indiscutibile. Lo spessore più contenuto conferisce invece una maggiore maneggevolezza.
Nota super up la fotocamera posteriore targata Sony IMX278 con sensore RGBW da 13 megapixel e un obiettivo a 5 lenti da f/2.2 di apertura è dotata di dual-tone flash ed è in grado di catturare scatti chiari e luminosi. La camera anteriore da 8 megapixel grazie al sistema di beautification ArcSoft garantisce selfie di qualità superiore. Ulteriore punto di forza per la definizione dell'immagine è lo schermo HD da 5,2’’ con risoluzione 1280x720 che si distingue per elganza e garantisce colori vividi e luminosi. La sofisticata tecnologia full-lamination migliora la lucentezza delle immagini sul display, mentre il suo 2.5D curved glass permette una piacevole esperienza visiva. Non in ultimo, il prezzo: 169,99 euro. 




D'altro canto, per chi vuole qualcosa di più "determinante", ecco il Meizu M6 Note: design, ottime performance e foto ad alta risoluzione in un unico device. M6 Note è il primo cellulare Meizu a utilizzare Qualcomm Snapdragon 625, che permetterà la gestione di tutte le features del sistema operativo Flyme 6, la versione più aggiornata dell’interfaccia proprietaria dell’azienda. Gli utenti italiani troveranno in M6 Note e in tutti gli smartphone Meizu successivi a questo modello i servizi Google preinstallati, per un utilizzo immediato e intuitivo senza necessità di procedure di installazione.

Meizu conferma una volta di più la sua cura per la definizione dell’immagine, per un’esperienza visuale senza compromessi: il display da 5,5’’ garantisce agli utenti un’ottima brillantezza dei colori grazie alla risoluzione in Full HD (1920x1080 pixel). Un’attenzione particolare è riservata anche agli amanti della fotografia che avranno a disposizione per catturare le inquadrature migliori una doppia fotocamera posteriore da 12 e 5 megapixel, mentre la fotocamera frontale ha una risoluzione di 16 megapixel per selfie davvero perfetti. Meizu M6 Note dispone di una dotazione hardware di 4 GB di RAM+64 GB di ROM e di una batteria da 4000mAh supportata dal sistema di ricarica rapida mCharge che assicura un’ampia autonomia di utilizzo. Il prezzo? 299,99 euro. 

Beautification
Postilla da tech addicted nonchè donna e mamma, Meizu si presenta quest'anno Beautification, una funzionalità integrata che si preannuncia la miglior alleata del popolo femminile in vista dell’estate, per catturare foto impeccabili come quelle delle star dei social network.
Nessun problema se vi siete dimenticate il fondotinta: scegliendo la modalità “Advanced” potrete aggiungere il make up, snellire il viso o perfino schiarire i denti. Con “Real-time beautification” invece è possibile ritoccare la foto proprio nel momento dello scatto e ottenere risultati immediati senza necessità di configurazione.
Per eliminare definitivamente il grigio dell’inverno dai vostri selfie, il sistema “Facial Beautification”, sviluppato da Arcsoft per Meizu, consente di applicare una varietà di effetti naturali per rendere i vostri scatti ancora più glamour.

Preparatevi a sorprendere tutti grazie a un look sempre perfetto da condividere con amici e followers!

05 marzo 2018

Muore Astori e Kobe trionfa agli Oscar con Dear Basketball: quando lo sport è lacrime e gioia insieme. Con la stessa passione.




Credo che chiunque, anche non sportivo, ieri sia stato letteralmente fulminato dalla morte di Astori, il capitano della Fiorentina.

Noi lo abbiamo saputo proprio alla fine della partita di Samuele, quando la gioia per la vittoria si è tramutata in un momento di pura incredulità, oltre che di dolore. Oltre che i suoi tifosi e non, lascia una compagna e una figlia, cosa non da poco a 31 anni. Troppo pochi per volare via così.

Come il minuto di silenzio, che purtroppo, non siamo riusciti a fare.

Mentre tutti abbiamo pensato a lui, anche durante le votazioni (perché pure quelle abbiamo avuto), questa notte, nella lunghissima notte degli Oscar, lo sport è stato ancora una volta protagonista della giornata.

Ma con una bella notizia, una bella emozione, con lo sport che tanto vive in casa mia: il basket. E con un corto che quando ho visto, mi sono commossa come poche volte, sarà che pensavo a mio figlio, sarà che alcune volte le fiabe nella vita, esistono.

Ed esistono gli uomini che fanno le dichiarazioni d'amore alla moglie e alla figlia in un italiano meraviglioso davanti a una platea dove si è completamente pesci fuor d'acqua, eppure vincitori.

Ed esistono uomini che hanno seguito la loro passione e ci sono riusciti, sono arrivati persino in un mondo non loro.




Ecco che Bryant esce vincitore della statuetta come autore del miglior cortometraggio: ma non un cartone animato a caso. Dear Basketball è il corto animato basato sulle lettere che il giocatore scrisse in occasione del suo addio al basket.

Lontano dal parquet da quasi due anni ormai, il 39enne (cresciuto in Italia), cinque volte campione NBA con i Los Angeles Lakers e due volte campione olimpico, è riuscito ad abbattere una barriera, ovvero quella di far entrare lo sport in una serata dedicata esclusivamente al mondo del Jet Set. L'attenzione catalizzata sulla NBA e su questo sport che tanto amiamo anche qui, ha esaltato i suoi vent'anni da protagonista, ma anche tutto il mondo a cui appartiene.

"Caro basket, dal momento in cui ho iniziato ad arrotolare i calzettoni tubolari di mio padre per farne una palla, e in cui ho iniziato ad effettuare immaginari tiri vincenti sulla sirena del Great Western Forum di Los Angeles ho capito che mi ero innamorato di te". 

"I tiri sulla sirena, le vittorie, i traguardi: sono diventati obiettivi da raggiungere. Attraversi difficoltà, infortuni, ma continui a lottare. E’ per questo che ho deciso di scrivere la mia storia". 

"Non so se questo sia possibile. Noi giocatori di basket dovremmo stare zitti e giocare, e invece ho dimostrato che siamo qualcosa di più".  

Keane, davanti a questo "mostro" della palla arancione, ha solo detto: "Meriti un “grazie” per aver scritto Dear Basketball perché hai spiegato al Mondo che, qualunque sia il sogno, attraverso il lavoro e la perseveranza, l’impossibile può diventare possibile".

"Ti amerò sempre, firmato Kobe", si conclude la sua lunga lettera al Basket. Ora con le sfumature oro della statuetta degli Oscar.

Sarebbe stato felice anche il nostro Astori, e infondo gliela dedichiamo tutta.


20 febbraio 2018

Il basket a colori: uno spettacolare playground effetto trompe l’oeil a Parigi



Se non lo avete mai visto e siete dalle parti di Parigi, non potete non farci un salto, o meglio due tiri.

Dove per la precisione? Tra gli edifici di Pigalle in Rue Duperré. Uno dei più spettacoli restyling creativi del mondo grazie alla collaborazione dei creativi di III-Studio con il brand di abbigliamento Pigalle e il contributo di Nike.

L'effetto trompe l'oeil tra fucsia, arancione e blu petrolio su una superficie di ben 480 metri quadri, crea un'atmosfera street play talmente futuristica da sentirsi protagonisti di un Blade Runner cestistico.







19 febbraio 2018

Il cane è il miglior amico dell'uomo, anche sui social (e batte i gattini...)



Una ricerca Huawei racconta quanto gli Italiani e gli Europei amino il proprio amico a 4 zampe.

Venerdì si è festeggiato il Capodanno Cinese, che ha concluso l’anno del Gallo e ci ha fatto entrare nell’attesissimo anno del Cane che pare garantirà pace e armonia, così come sono in grado di fare i nostri amici a 4 zampe. E non solo in occasione del Capodanno Cinese, i cani sono sempre più protagonisti. Huawei, leader mondiale della tecnologia, rivela in una sua ricerca che oltre la metà (54%) dei proprietari di cani in tutta Europa pubblica sui social network più foto che ritraggono i loro amici a quattro zampe, che foto in compagnia di amici o parenti.
Gli italiani dominano la classifica: il 62% dei proprietari di cani ha infatti dichiarato che i propri cani sono il loro soggetto preferito. Ecco la classifica:


Image Dragons: ecco l'unica data italiana. Tutte le info



Arrivano gli Imagine Dragons a Milano, in un'unica data italiana.

Prezzo dei biglietti:

POSTO UNICO 50,00 EURO + DIRITTI DI PREVENDITA
Prevendite
PRE SALE MY LIVE NATION DALLE 11.00 DI MARTEDI’ 20 FEBBRAIO PER 48 ORE. GENERAL SALE SU TICKETMASTER.IT,TICKETONE.IT E IN TUTTI I PUNTI VENDITA AUTORIZZATI DALLE 11.00 DI GIOVEDI’ 22 FEBBRAIO
L’organizzatore declina ogni responsabilità in caso di acquisto di biglietti fuori dai circuiti di biglietteria autorizzati non presenti nei nostri comunicati ufficiali.


Gli Imagine Dragons si aggiungono allo straordinario cast di “Milano Rocks”, dopo gli annunci di The National e 30 Seconds To Mars che si terranno rispettivamente il 7 e l’8 settembre all’Area Expo - Open Air Theatre - Experience Milano.


Marzo 2018: il mese del riciclo della carta. Tutti gli appuntamenti



Quest’anno, per la prima volta, marzo si vestirà di carta e cartone. Oltre 30 eventi in calendario in soli 31 giorni per la prima edizione del Mese del riciclo di carta e cartone, la campagna nazionale promossa e organizzata da Comieco, il Consorzio Nazionale per il Recupero e il Riciclo degli imballaggi a base Cellulosica, in collaborazione con la Federazione della Filiera della carta e della grafica, Assocarta e Assografici e Unirima e il patrocinio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

Ma quanto è importante la carta nella vita degli italiani? Quanto ne sanno del suo ciclo di vita, di come viene recuperata e riutilizzata attraverso il riciclo?


30 gennaio 2018

Può un libro cambiarti la vita?



Può un libro cambiarti la vita?

Può una storia snocciolarti davanti ciò che pensi da sempre e raccontarti una persona che conosci da poco come nessun altro?

Può. La verità è che davvero può. Se poi c'è una storia nella storia, la situazione diventa così meravigliosa che sarebbe un film. Cioè?

Questo libro è arrivato in regalo. Incartato in una semplicissima carta da pacco di una bellezza così pura come una margherita: un fiore da campo così immensamente complesso da essere semplicissimo. Sopra una scritta: Per Elena.

Arriva da una persona che conosco da poco, che non posso considerare ancora "amica", ma forse si è rivelata molto di più di quello che penso. Mi ha regalato un libro che ho letteralmente divorato in due giorni. Divorato, riempito di ricordi, pensato, amato, sottolineato talmente tanto che rimarrà a vita un concentrato di punti da leggere e rileggere.

"Hai mai letto L'ultima riga delle favole?"

In un primo momento non ho nemmeno ben capito, mi sembrava una frase ad affetto. Gramellini non lo conosco in verità, lo ammetto. "A me non piace molto, ma in questo libro si è superato, dovresti leggerlo".


22 gennaio 2018

L'insostenibile leggerezza dell'amore: amo i folli, i pazzi, gli sbagliati.



Oggi ho fatto il tiramisù. Niente di particolare in effetti.

Se non fosse che quando cucino dolci in quantità adatte a sfamare anche il resto del paese, qualcosa non va. E' sempre stata una valvola di sfogo la cucina, per me.
Lo sanno bene i miei colleghi, ogni qualvolta ho riversato su di loro quintalate di dolci realizzati nel weekend in preda a crisi isteriche.

Non sono intollerante a nessun alimento: è già il secondo anno che faccio tutti i test del caso e nemmeno l'ombra di un piccolo rigonfiamento sulle braccia.

Ho capito ormai che la mia intolleranza è nei confronti delle persone. 

Di alcune persone, specifico. E nella fatti specie, per rincarare la dose, il tipo di persone che senza volerlo, continuo a incontrare in questi ultimi anni. E di cui me ne innamoro follemente.

Non nel modo canonico, no, sarebbe troppo facile. Me ne innamoro perché ho la sindrome da crocerossina che non mi abbandona mai: mi piacciono le persone difficili, quelle tristi, quelle che non sono mai contente, quelle incapaci di provare (ormai), qualsiasi tipo di sentimento.

Sono la mia sfida quotidiana al mio essere così romantica e sognatrice. Ma sono anche il mio massacro emotivo. Odi et amo, odio il latino ma mai nessuna frase potrebbe essere più azzeccata.

E onestamente non mi spiego perché insisto ad avere persone così nella testa. 

Non sono persone che portano positività nella vita, eppure credo che quello che riescano a concederti, sia in realtà mille volte di più di quello che possono darti gli altri. Perché non ne sono più capaci e quelle poche volte che lo fanno, ha un valore aggiunto.

Il problema vero è che su un milione di parole pesanti, gesti inutili e dannosi, schizzi e schizzetti mentali, rifiuti e preconcetti, c'è una singola volta che esistono. In un modo carino. Solo che a quelle come me non basta mai. E ci provi e ci riprovi perché sei convinta che le persone possano cambiare a qualsiasi età.

Che le persone possano smussare i loro spigoli, possano (ri)tornare a sorridere nonostante le peggio cose che la vita gli abbia riservato. Perché quella rabbia che io mi porto dentro, è una rabbia viva, è una rabbia che ha fame di vita, non di morte.

Odio la gente che non riesce ad avere fame di vita, quella a cui va tutto bene. Lo zen è un campo più che minato per quanto mi riguarda; tanto quanto chi vive non avendo più voglia di nulla e non sapendo che le labbra, quando sorridono, sono la parte più bella di qualsiasi viso.

Vi siete mai innamorati di un sorriso? Io sì, e fidatevi, è meraviglioso. Se poi quel sorriso era rivolto a voi, sappiate che non lo dimenticherete così facilmente.

Più vedo quei sorrisi e più mi innamoro di questa insostenibile leggerezza dell'amore, che si manifesta in mille sfaccettature, ma sempre e soltanto in quei rapporti che avranno sempre un filo in acciaio a sostenerli e legarli. Che sia amicizia, fratellanza, amore di coppia, poco, anzi pochissimo importa.

Odio et amo.

Amo i folli, amo quei capelli che non sono mai al loro posto, perché ogni posto è quello giusto se riesci a essere te stesso,

amo quella gentilezza d'animo nascosta da un'armatura in acciaio, che si manifesta quando meno te l'aspetti e sa tagliare l'ipocrisia dei miserabili senza parole,

amo il vagone dei sognatori poco raccomandabili, perché su quello ci viaggio pure io: dove ci si affanna per (in)seguire difficoltosi viaggi di testa che tendono all'infinito.

Amo la polvere, le mani sporche di terra, di lavoro, di sesso, di carezze,

amo gli occhi che si abbassano, che di quelli così pieni e sicuri di sè stessi non ne abbiamo bisogno, non c'è mare dove buttarsi lì, la profondità è troppo piccola per poterlo farlo.

Amo le facce coperte dai cappucci delle felpe, che si perdono dietro a milioni di pensieri mentre intorno piove di tutto, mentre si escogitano tramonti e si dipingono albe perché il nero stanca, come stanca la normalità.

Amo le urla che non sanno smettere perché dentro esplode il mondo, mentre l'anima va a fuoco,

amo i silenzi difficili, creati da catene per aiutarsi a dimenticare, scappare, nascondersi, mentre vorresti correre, abbracciare, morire tra le sue braccia che no, non ci sono.

Amo gli insensati, quelli che agiscono senza ragionare, quelli che corrono sotto la pioggia a prenderla tutta e poi si fermano ad assaggiarla a bocca aperta,

quelli che non hanno paura: gli sbagliati, che con le loro menate mentali non sanno dove andare.

Amo i pazzi, i folli, quelli che sanno ridere mentre piangono, mentre il cuore si spacca in miliardi di pezzi ma l'ultimo ricordo è quello più dolce e bello che si possa avere.

Amo i difficili, quelli che non ci sono riusciti, quelli che "avrei voluto", quelli che non ne sono stati capaci e non lo saranno nemmeno un domani,

amo gli interrotti, che comunque sia vanno avanti, con la testa tra le mani e gli sbuffi, e lo sguardo corrucciato e le negatività che nascondono un cuore grande.



E niente. E poi c'è che amo te, imperfetto, noioso e nemmeno lontanamente infallibile: amo te come non credo sia possibile fare, senza difese, senza paura, senza legame... senza l'amore che tutti conoscono.... Solo come i folli sanno fare.

L’amore lo riconosci in un modo preciso: quegli occhi lì ce li hai solo per quegli occhi lì.





19 gennaio 2018

Essere genitori di un giovane atleta. [Come dovremmo essere]




Essere genitori di un atleta, tanto più se giovane, non è poi così semplice. Presente!

Mamma di Samuele, 12 anni. Appassionato, no scusate preciso, ammalato di basket. Già difficile essere genitori, ancora peggio genitori di un figlio in fase adolescenziale che è un giovane atleta.

Ma come dovrei essere sul campo e fuori, per essere una buona madre "sportiva"? 

Partiamo subito a razzo: l'emozionalità che consegue nell'avere un piccolo atleta in erba (ogni scarrafone è bello a mamma soia) in casa, spesso rischia di rovinare anche il nostro ruolo di tifosi: scatta l'urlo e il nervosismo ed è un attimo che diventa "l'insostenibile leggerezza della tribuna". Adrenalina per la vittoria e tristezza per la sconfitta, in realtà, non dovrebbero influenzare il ruolo: un genitore deve rimanere sempre un genitore, tifoso, ma nient'altro.

Ma come sempre, in Italia i tuttologi si sprecano ed ecco che siamo tutti allenatori, direttori sportivi, preparatori atletici, fisioterapisti, giornalisti, istruttori e soprattutto grandi allenatori. Troppo spesso siamo grandi, grandissimi allenatori con un'esperienza ventennale. 

In realtà sarebbe meglio essere solo genitori, probabilmente basterebbe e avanzerebbe

Il primo vero mantra di tutto è questo: mai entrare mai nelle scelte tecniche. Ripetetevelo fino alla nausea, fino a quando non ne sarete così convinti da farlo in automatico.



Esiste uno dei tanti libri americani, in cui ci sono almeno 9 ottimi suggerimenti da stampare e imparare a memoria: "Sport psychology for coaches and parents" di Smith and Kays

1) Applaudire e incitare, non sbraitare urlando 

I nostri ragazzi non sono noi. Non sono quelli che non siamo stati e mai lo saranno. Sono dotati di una loro personalità, una loro vita, una loro sfera. Inutile rimproverarli ogni volta dagli spalti: perché quando il tono di voce si alza, quello è il concetto. Mai essere giudicanti, mai fargli percepire che proprio noi non accettiamo i loro risultati, critichiamo il loro allenatore, accusiamo i loro compagni. 
Restiamo fuori dalle parti tecniche: e se dobbiamo discutere di qualcosa, approfondiamo direttamente con il coach in privato. A prescindere dal risultato, sarà sempre il massimo impegno e la massima voglia a farlo entrare in campo. 

2) La regola delle 24 ore

Aspettiamo sempre questo tempo per riparlare o riprendere argomenti da chiarire. Dopo 24 ore l'emotività può e riesce ad essere controllata: ciò aiuta a mantenere il ruolo di genitore e non di allenatore (niente parte tecnica, ricordate?)

3) Lasciare che l'allenatore alleni

Scontato? Non così tanto, in realtà. Puoi non essere d'accordo con lui, ma il ruolo e l'uomo che hai di fronte, deve essere prima di tutto rispettato. Se c'è qualcosa per cui discutere, sarà sicuramente disponibile a farlo in privato, lontano da tuo figlio. E se proprio ti dovessi scontrare con chi non ti piace, hai sempre una validissima alternativa: andare altrove.

4) Evviva il senso dell'umorismo

Divertimento. Sempre e comunque. Se no lasciate perdere e continuate a mandare vostro figlio al campetto dell'oratorio: avrà molte meno menate e tornerà a divertirsi. Vincere o perdere una gara non cambierà di sicuro l'assetto dell'asse terrestre. Ciò significa che comunque, ogni santa partita, deve rimanere un gioco. Sicuramente sarà un'ottima giornata se la vittoria arriverà, ma è anche vero che se il ragazzo avrà un continuo senso di stare bene e divertirsi, le vittorie stesse arriveranno. 

5) Direttori di gara e arbitri: la pazienza prima di tutto

Partiamo dal presupposto che ce li mangeremmo in un sol boccone, respiriamo, fermiamoci, e pensiamo che prima di tutto sono essere umani che amano lo sport e non si sentono poi nemmeno così bene ad avere folle di genitori urlanti che inveiscono contro di loro. Esistono gli errori, anche da parte loro. Portiamo pazienza.

6) Le colpe specifiche lasciale da parte

Non esiste mai un solo motivo per aver vinto una partita, ma nemmeno per averla persa. Come una squadra che è composta da diversi elementi e altrettante sfaccettature, anche queste due conclusioni hanno lo stesso DNA. Non sarà mai solo colpa di un unico giocatore, quindi evita di incolpare chiunque, ma considera tutti. Ed evita proprio di incolpare.

7) Età e capacità relative all'età

Punto numero 1: solo chi non impara nulla, non fa errori. Infatti ogni volta che un bambino fa un errore, sta apprendendo il modo per migliorare. L'errore non è mai intenzionale in questo caso, quindi la pazienza della crescita porterà i risultati dovuti. Inutile volere un percorso di un'età differente.

8) Sii un ottimo esempio

Appunto. Se proprio ci pensiamo non è che lo siamo così tanto sugli spalti, a dire il vero...
Santa adolescenza, prega per noi! Lo sapete che è proprio in questo momento il picco in cui i ragazzi ci vedono come esempi? Siamo le persone più importanti al mondo, e loro spugne che osservano e imparano da noi. Quindi i nostri comportamenti e le nostre parole sono ciò che andrà a formare le loro basi di adulti. Facciamoci delle domande prima di agire e dire...

9) Insegna ma non fare pipponi

Anche qui sembra semplice, ma non è proprio così. Racconta ai tuoi figli delle tue esperienze e chiedigli delle loro; cerca di entrare nel loro mondo, ma non pretendere che loro entrino nel tuo: non ne sono ancora in grado.
Nessuno ama il cazziatone dopo aver sbagliato; insegnagli la vita, non dare lezioni sulla vita.

Anno nuovo, vita nuova. Spero che questo 2018 riesca a farmi diventare più tifosa e meno allenatrice, più mamma e meno tecnico. E soprattutto porti a lui tutto ciò che di meglio posso insegnargli. 

Dentro e fuori dal campo.




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