Credo che chiunque, anche non sportivo, ieri sia stato letteralmente fulminato dalla morte di Astori, il capitano della Fiorentina.
Noi lo abbiamo saputo proprio alla fine della partita di Samuele, quando la gioia per la vittoria si è tramutata in un momento di pura incredulità, oltre che di dolore. Oltre che i suoi tifosi e non, lascia una compagna e una figlia, cosa non da poco a 31 anni. Troppo pochi per volare via così.
Come il minuto di silenzio, che purtroppo, non siamo riusciti a fare.
Mentre tutti abbiamo pensato a lui, anche durante le votazioni (perché pure quelle abbiamo avuto), questa notte, nella lunghissima notte degli Oscar, lo sport è stato ancora una volta protagonista della giornata.
Ma con una bella notizia, una bella emozione, con lo sport che tanto vive in casa mia: il basket. E con un corto che quando ho visto, mi sono commossa come poche volte, sarà che pensavo a mio figlio, sarà che alcune volte le fiabe nella vita, esistono.
Ed esistono gli uomini che fanno le dichiarazioni d'amore alla moglie e alla figlia in un italiano meraviglioso davanti a una platea dove si è completamente pesci fuor d'acqua, eppure vincitori.
Ed esistono uomini che hanno seguito la loro passione e ci sono riusciti, sono arrivati persino in un mondo non loro.
Ecco che Bryant esce vincitore della statuetta come autore del miglior cortometraggio: ma non un cartone animato a caso. Dear Basketball è il corto animato basato sulle lettere che il giocatore scrisse in occasione del suo addio al basket.
Lontano dal parquet da quasi due anni ormai, il 39enne (cresciuto in Italia), cinque volte campione NBA con i Los Angeles Lakers e due volte campione olimpico, è riuscito ad abbattere una barriera, ovvero quella di far entrare lo sport in una serata dedicata esclusivamente al mondo del Jet Set. L'attenzione catalizzata sulla NBA e su questo sport che tanto amiamo anche qui, ha esaltato i suoi vent'anni da protagonista, ma anche tutto il mondo a cui appartiene.
"Caro basket, dal momento in cui ho iniziato ad arrotolare i calzettoni tubolari di mio padre per farne una palla, e in cui ho iniziato ad effettuare immaginari tiri vincenti sulla sirena del Great Western Forum di Los Angeles ho capito che mi ero innamorato di te".
"I tiri sulla sirena, le vittorie, i traguardi: sono diventati obiettivi da raggiungere. Attraversi difficoltà, infortuni, ma continui a lottare. E’ per questo che ho deciso di scrivere la mia storia".
"Non so se questo sia possibile. Noi giocatori di basket dovremmo stare zitti e giocare, e invece ho dimostrato che siamo qualcosa di più".
Keane, davanti a questo "mostro" della palla arancione, ha solo detto: "Meriti un “grazie” per aver scritto Dear Basketball perché hai spiegato al Mondo che, qualunque sia il sogno, attraverso il lavoro e la perseveranza, l’impossibile può diventare possibile".
"Ti amerò sempre, firmato Kobe", si conclude la sua lunga lettera al Basket. Ora con le sfumature oro della statuetta degli Oscar.
Sarebbe stato felice anche il nostro Astori, e infondo gliela dedichiamo tutta.
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