Decise di dirgli addio, in qualche modo, ma sapeva perfettamente che non sarebbe riuscita a farlo guardandolo in quegli occhi. Infondo era l’ultima cosa che voleva fare, ma ormai era diventata una questione di sopravvivenza.
Avrebbe voluto scrivergli una lunga lettera, di quelle che senti ancora l’odore dell’inchiostro, di quelle con gli errori cancellati con un pastrocchio, ma si sentì vecchia… e decise che forse una mail alla fine era il modo più veloce ed indolore per lei e forse per lui, che avrebbe potuto fare un semplice “elimina”.
Come lei voleva provare a fare con lui. Si sa quando l’affetto alla fine è capace di fare male… alla fine ti rimane solo la parola addio. “Nuova mail”. Eccolo li quel foglio bianco virtuale sul quale avrebbe potuto scrivere di tutto, essere chiunque e soprattutto non far vedere quelle lacrime che solo al suo nome scendevano lente e inesorabili. Non poteva farci nulla, era così forte quel magone, che ogni volta si ritrovava a confrontarsi con una mare di sentimenti così contrastanti da sfociare sempre nello stesso modo, investita da quell’impotenza così viva da stringerle la gola.
Cercò un attacco ma le prima parole che scrisse furono “Hai saputo fare solo male”, non trovava altro, nulla di meno diretto. Cercò di staccarsi dal suo io, dal suo dolore, cercò di essere, per una volta “dura”. E iniziò piano a piano a sfogarsi, mentre le dita sempre più vorticosamente picchiettavo su quella tastiera.
“Hai saputo fare solo male. Hai disfatto e creato a tuo piacimento. Hai buttato via quando ti è parso. Hai accusato, chiesto scusa e poi cancellato tutto, anzi peggio...sei diventato un’altra persona senza dare spiegazioni. Solo pochi giorni che era tornato il sole...ma dimmi, ti prego dimmelo, perchè ora sto davvero male... che cosa ho fatto di sbagliato per conoscerti?
Tutte bugie… cose dette che mi sembravano vere, piene di sentimenti contrastanti....e poi sei riuscito a buttarmi dalla tua vita un'altra volta. Ti ho chiesto aiuto un'ultima volta, non me lo hai dato, neanche mi hai considerata.
Dimmi, mi odi a tal punto o questo succede perchè infondo mi vuoi bene?
Spero, un giorno, (e solo chissà chi, mi fulmini per quello che sto per scrivere) che qualcuna ti massacri più di quello che sai fare tu, di più e ancora di più, anche se lo ritengo impossibile che qualcuno possa fare peggio. E che tu ti ritrova di fronte all'impotenza più assoluta come quella che sai dare… dove le cicatrici non passano... dove forse, capirai che male sai fare.
Non è servito nulla seguire il percorso. E' servito ad essere qui ancora una volta a piangere... Hai di nuovo deciso che io non valevo nulla e quest’ultima volta non posso continuare (e sinceramente non ce la faccio) a cercare un modo per rialzarmi dopo che mi hai uccisa ancora.
Che cos'è?...Ho avuto la capacità di emozionarti? Di farti arrabbiare cosi tanto con te stesso da dovermi escludere? O forse sei riuscito a volermi bene davvero e hai avuto paura? O hai preferito scappare da chi, anche in un’altra parte del tuo mondo, ha tentato di riuscire a capirti? Fosse stata solo una infinitesimale parte cosi, anche se nelle fantasie, allora sarei riuscita a non sentirmi il nulla, di non sentirmi in errore perennemente.
Tanto ormai, e questa mail ne è la prova, sono morta dentro e forse ho finito anche le lacrime, chi se ne importa di tutto, del mondo e del resto. Me ne andassi in questo momento… mi mancherebbero solo i tuoi dolci occhi, così dolci in alcuni momenti, quelli che infondo voglio permettermi di ricordare.
Ma chi sei stato se non solo un semplice uomo come tutti gli altri? E io non posso continuare a morire per te, ogni singola volta, anche quando non è stata colpa mia, ma solo cattiveria.
E tu li sempre imperterrito con il tuo modo di essere, a calpestarmi. Ad avermi escludo dalla tua vita ogni qualvolta tu ne abbia sentito la necessità. E sei stato li con la tua maschera anche di fronte alla persona che stava sanguinando per te.
Ma tanto alla fine, sono solo parole buttate, nessuno è mai stato indispensabile per te....”
...ma non riuscì a dirgli addio.
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