Ti ho conosciuto per caso, mentre tentavo di ricucire gli ennesimi strappi del cuore.
Volevo fare pulizie tra i ricordi, smontare gli ingranaggi della mente e ammorbidirli con l'olio per non pensare, per non vivere più ciò che sa tormentarti l'anima, tra ogni persona che incontri.
Non riesco a imparare, non so imparare a non farmi del male. Eppure quante volte mi sono detta di non cascarci, di non andare avanti, che quel passo in più sarebbero stati mille in dietro, dopo.
Ti ho incrociato in uno sguardo. Non ho potuto evitarlo. L'abisso dei sensi.
Hai presente quando stai entrando in mare accaldata e senti freddo, non vuoi buttarti, ma poi lo devi fare per non tremare? Ecco. Ho dovuto, senza accorgermene, tuffarmi dentro te, dalla via più facile: i tuoi occhi.
Non ho capito. No, non ho capito nulla. C'era un muro lungo la strada, io quel muro me lo ricordo bene, eppure in quel momento, c'era il vuoto tranne te, c'era solo quel mare calmo e trasparente dove volevo essere cullata.
...E quando hai saputo sfoderare la tua arma migliore, io mi sono sentita come neve al sole. Il tuo sorriso, con quella leggera smorfia dell'angolo della bocca. Quell'apostrofo così candido, ma così imbarazzantemente sensuale: quel brivido lungo la schiena, di quelli che devi nascondere stringendo forte le cosce.
Cinque minuti di imbarazzo, quattro minuti di simbiosi, tre minuti di sensazioni, due minuti di silenzio, un minuto, un'infinito minuto per trovarti e poi perderti.
Te ne sei andato con la tua camminata insicura, avvolto nella tua felpa rossa senza voltarti, circondato dalle loro voci. Sapevi che da lontano ti stavo guardando di nascosto, che ti avrei osservato finchè saresti sparito in quel vicolo di paese nascosto dalle siepi.
Doveva andare così. Le tempeste non durano mai in eterno. A volte tornano con la stessa intensità, a volte resta il sereno per molto, molto tempo.
Ma non se ne vanno mai senza aver lasciato il segno.....
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